Egregio Signor Sindaco di Caslano,
Stimate Autorità,
care concittadine e cari concittadini, 

innanzitutto desidero ringraziarvi per avermi invitato a tenere l’allocuzione ufficiale per la Festa del primo d’agosto, un’occasione privilegiata e importante, e per me sempre emozionante, per condividere insieme alcune riflessioni e pensieri per il Natale della Patria.
Senza conoscere la nostra storia, senza sapere da dove veniamo è difficile capire il presente e tanto meno immaginare il nostro futuro.
La frase “Il futuro non è più quello di una volta”, attribuita a diversi autori riassume efficacemente le nostre preoccupazioni e la nostra difficoltà ad immaginare ciò che succederà domani e ad avere fiducia nel futuro.
È vero che i cambiamenti che si sono succeduti con molta velocità negli ultimi decenni, penso in modo particolare alle nuove tecnologie, ci stanno velocemente trasformando, ma ci stanno anche disorientando. Insieme alle positive novità che portano, a facilitazioni nel lavoro e nella vita privata, stanno trasformando rapidamente il nostro vivere e in alcuni casi rischiano di impoverire la capacità di relazionarsi con l’altro, di ritrovarsi e condividere insieme dei momenti di gioia e di festa, ma anche di confronto e sano dibattito.
La nostra società si sta trasformando radicalmente e non è l’innovazione tecnologica in sé a spaventare, ma l’assenza di una visione umanistica di questi cambiamenti. Come diceva un filosofo dell’antichità, Protagora, l’uomo è la misura di tutte le cose ed è bene che lo rimanga.
Nonostante le molte incertezze abbiamo risorse e capacità per affrontare il nostro presente e futuro. Lo abbiamo dimostrato nella nostra storia in momenti economicamente e politicamente anche più difficili. La nostra storia è costellata da esempi positivi che ancora oggi ci possono guidare e aiutarci nella comprensione del mondo.
Nel sito del progetto oltre confini lanciato dal giornalista Piergiorgio Baroni e realizzato dall’amministrazione cantonale nel 2012 con l´obiettivo di mantenere vivi e saldi i legami con i ticinesi che sono nati o si sono trasferiti al di fuori del territorio cantonale troviamo una sezione dedicata ai ticinesi emigrati all’estero e che sono passati alla storia per il loro impegno nel campo politico, economico, culturale o sportivo.
E visto che da poco si sono conclusi i campionati mondiali di calcio, non possiamo esimerci dal ricordare qui a Caslano un personaggio che ha fatto la gloria del calcio e che è originario di Caslano. Roque Maspoli, portiere dell´Uruguay che nei mondiali del 1950, contro ogni pronostico, si impose 2-1 al Maracanà di Rio (200 mila spettatori) contro il Brasile.

Figlio di emigranti provenienti da Caslano, Roque Maspoli nacque in Uruguay nel 1917 ed è tuttora celebrato per aver vinto la Coppa del Mondo nel 1950 difendendo la porta della nazionale di calcio.
In quella partita il gol decisivo lo segnò Alcides Ghiggia, un altro ticinese, originario di Sonvico, e della squadra uruguayana faceva parte anche Schubert Gambetta di Locarno. Come possiamo vedere molti erano gli emigranti ticinesi nella nazionale uruguayana del 1950. Ed è bello sapere che prossimamente a Caslano ci sarà la possibilità di ricordare proprio un figlio di questa terra che trovò fortuna in Uruguay. Così come è stato emozionante e bello ritrovarci uniti in occasione dei mondiali 2014 nel sostenere la nostra squadra composta in questo caso anche da figli di terre lontane che hanno trovato accoglienza in Svizzera e portano con orgoglio la maglia rossocrociata.
Abbiamo molte altre testimonianze dell’emigrazione ticinese anche nelle poesie e nei racconti, oltre che nelle costruzioni e ville che sono state costruite in Ticino dagli emigranti che facevano rientro in Ticino. Lo stesso dialetto ticinese che parliamo oggi ha subito delle influenze dall’emigrazione, nuove parole derivanti dal tedesco, dallo spagnolo o inglese sono entrate a far parte del nostro dialetto o di parlate regionali. Nell’interessante pubblicazione “I segni dell’altro. Interferenze, prestiti e calchi nei dialetti della Svizzera italiana” ne troviamo diversi esempi, come viagià in négar “viaggiare senza biglietto sui tram” che tutt’oggi utilizziamo e che arriva dal tedesco schwarzfahren”. Segni dell’emigrazione sono anche modi dire, come segnalato nella pubblicazione citata poc’anzi, l’a truvaa l’América, ha trovato l’America, per indicare chi aveva avuto fortuna all’estero.
Io, come sapete, ho avuto il percorso inverso, provengo da una famiglia immigrata che ha trovato accoglienza in Svizzera. Ma nel rileggere quelle pagine di storia di emigrazione ticinese, mi sento una fiera ticinese perché vivo quella storia come fosse la mia e vi trovo un denominatore comune, una radice che nonostante storie personali diverse ci unisce.
Come abbiamo visto e magari vissuto sulla nostra pelle la nostra storia è segnata da situazioni difficili che abbiamo saputo superare.
Nel 2014 ricorrono anche i 100 anni della prima guerra mondiale, oltre a ricordare quel terrificante evento, non possiamo oggi non pensare quello che succede non molto lontano da noi, ai sanguinosi conflitti in Ucraina, sulla striscia di Gaza e in Siria e Iraq e alle molto vittime innocenti che sono coinvolte e alle esistenze stravolte delle cittadine e dei cittadini di questi paesi e dei loro famigliari.
Come paese depositario del diritto internazionale umanitario la Svizzera deve attivarsi, insieme ad altri paesi, e urgentemente a favore della pace mettendo in campo tutti gli sforzi possibili anche per portare aiuto umanitario e solidarietà alle vittime. Dobbiamo fare nostro il pensiero e l’appello lanciato da Papa Francesco: “Tutto si perde con la guerra, nulla si perde con la pace e pensare soprattutto ai bambini, ai quali si toglie la speranza di una vita degna, di un futuro. Bambini morti, bambini feriti, bambini mutilati, bambini orfani, bambini che hanno come giocattoli i residui bellici, bambini che non sanno più sorridere”. E tutti noi, presi dalle nostre difficoltà quotidiane, dobbiamo resistere a quello che Papa Francesco ha definito come “globalizzazione dell’indifferenza” che ci fa lentamente “abituare” alla sofferenza dell’altro, chiudendoci in noi stessi.
Non è un merito nostro essere nati o essere cresciuti in Svizzera, io ringrazio la sorte che, alla fine, mi ha portato a vivere in un paese a ragione lodato da molti per i suoi pregi e la sua qualità di vita, ma possiamo avere il merito di preservare i nostri valori, il nostro territorio, la nostra capacità di convivenza. Lo dobbiamo alla nostra storia e al futuro dei nostri figli.
Per molti all’estero il fatto che la Svizzera abbia quattro lingue, cantoni repubbliche autonome, e che nonostante questo possa convivere armoniosamente è qualcosa di difficile da capire. E’ proprio questa nostra capacità di convivenza, nonostante le difficoltà non manchino, a fare dalla Svizzera un paese speciale. E noi possiamo avere il merito di avere difeso questa nostra peculiarità, di avere contributo a mantenere la nostra grande ricchezza che è la convivenza. Il Ticino è Svizzera, la Svizzera è il Ticino.

Ma possiamo avere anche il merito di credere nel nostro futuro, salvaguardando il nostro meraviglioso territorio che purtroppo in passato non abbiamo sempre rispettato/valorizzato sufficientemente.
Possiamo e dobbiamo, se vogliamo superare questa difficile situazione economica che porta con se disoccupazione e disagio sociale, investire sulla formazione e sul lavoro.
La formazione che purtroppo non viene messa spesso al centro dell’attenzione politica è centrale per lo sviluppo del nostro futuro. La formazione è anche condivisione, trasmissione di saperi alle future generazioni, crescita culturale, ma anche contributo per prevenire la povertà e le disuguaglianze sociali.
Don Milani, il curato che avviò l’esperienza pedagogica della scuola di Barbiana negli anni 60 del secolo scorso che ha scritto dei bellissimi testi sulla scuola diceva
“Quando avete buttato nel mondo d’oggi un ragazzo senza istruzione avete buttato in cielo un passerotto senza ali” (La parola fa eguali). Le sue parole oggi sono di un’allarmante attualità e devono portarci tutti a fare uno sforzo e investire nell’educazione e nella formazione come strumento per favorire le pari opportunità.

Oggi festeggiamo la nostra festa nazionale per celebrare la sottoscrizione di un patto, di un’alleanza di resistenza e di mutuo aiuto che ha creato la Svizzera. Ricordiamo e rinnoviamo il patto per una Svizzera che ha voglia di futuro, che vuole continuare a lavorare per un avvenire migliore, che ha fiducia nelle sue capacità e risorse, aperto e tollerante, capace di rispettare e valorizzare le diversità che la compongono. Voi avete a Caslano uno splendido museo dedicato alla pesca, il più grande di questo genere in Svizzera. Allora perché non dire anche: gettiamo sempre le nostre reti con fiducia, apriamoci alla speranza e i frutti di questa perseveranza non verranno mai a mancare.
Coltiviamo il nostro Paese e mostriamogli il nostro affetto fatto di apertura, ascolto, dialogo e un reale interesse per tutte le cittadine e cittadini ma anche, oserei dire amore, per quanto non sia una parola usuale in politica, per il nostro territorio.

Con questo spirito, auguro a tutti voi un buon 1 agosto.
Pelin Kandemir Bordoli
Capogruppo PS in Gran Consiglio